Tradizione gastronomica ferrarese
Dei piatti presenti nel territorio ferrarese, molto, è da attribuire alla maestria di Cristoforo da Messisbugo, di professione scalco presso la corte estense, che amava deliziare i propri commensali non solo nel palato, ma anche nell’udito e nella vista; famosi i suoi banchetti di cui lui stesso scrive in “Banchetti, composizioni di vivande et apparecchio generale”, manoscritto stampato dopo la sua morte e più volte ristampato fino ai primi decenni del ‘600. Il libro fu un vero e proprio trattato di costume e una miniera di notizie sul cibo, con preparazioni a volte elaborate e spettacolari. L’autore, dopo la premessa che non spenderà «tempo a descrivere minestre d’ortami e legumi che son cose da vile femminuccia», propone sopratutto piatti a quel tempo considerati d’alta cucina. Cristoforo rielabora e inventa ricette, fissa e raffina quelle popolari, adattando ai prodotti locali quelle forestiere ed esotiche. Questo suo modo di pensare la cucina, viene assorbita da ogni strato sociale e utilizzato anche nei secoli a venire e la tradizione gastronomica ferrarese assume uno spessore che non vediamo in molte altre regioni. Importantissimi riferimenti li abbiamo poi a prodotti che per molti risulterebbero stranieri, pensiamo ad esempio alle “bufaline”, come le chiamava Eleonora D’Aragona, sposa di Ercole D’Este. Questo delizioso prodotto, all’epoca, assume una grande importanza commerciale nel territorio ferrarese, tanté che lo troviamo descritto nei testi con dovizia di precisione sul numero degli animali, l’area dove vengono allevate, ecc. Interessante è scoprire come l’anguilla delle Valli di Comacchio, venisse lavorata e fosse utilizzata come merce di regalo da parte degli Estensi verso i Malatesta. Ferrara e la sua provincia possiedono un patrimonio gastronomico/culturale davvero inestimabile di cui vi racconteremo.
(Susanna Tartari )
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!